Descrizione

Il pero era consacrato in età arcaica alla luna e successivamente alla dea Era, sposa di Zeus, la cui statua nell’Heràion di Micene era scolpita nel legno di questo albero. Lo si considerava anche sacro ad Atena, quale dea della Morte che nel suo santuario di Tebe era detta Onca, nome preellenico del pero. Per la forma del frutto, che rammenta vagamente quella del ventre femminile, veniva associato ad Afrodite e considerato un simbolo erotico.

Fino a non molto tempo fa nel cantone svizzero di Argovia si piantava un melo quando nasceva un maschio e un pero se vedeva la luce una bambina. I bimbi – si diceva – crescevano o deperivano con il loro albero.

Il suo candido fiore invece è simbolo di lutto in Cina dove il bianco è un colore funebre.

Al pero è tradizionalmente associato l’orso che sarebbe ghiotto dei suoi frutti. Questa sua predilezione ha ispirato due proverbi toscani : « Chi divide le pere con l’orso n’ha sempre men che parte » e « Sarà quest’anno di molte pere – diceva l’orso – perché n’harebbe volute. » (Da « Florario » di Alfredo Cattabiani)

In molte zone appenniniche c’era la convinzione che se un fungo fosse cresciuto vicino ad un ferro arrugginito, sarebbe diventato velenoso. Inoltre si crede che se i funghi velenosi venissero cotti assieme a delle père selvatiche, questi non avrebbero arrecato alcun danno, diventando cioé commestibili. Mattioli (soggiornò a lungo a Trento e a Cles fra il 1485 ed il 1539) nei suoi « Discorsi » aggiungeva anche che con la cenere del legno di pero si poteva fare una bevanda assai utile a chi avesse mangiato funghi velenosi.

Letteratura

P. Odorizzi: Profumi e sapori perduti - Il fascino della frutta antica Vol. II (2005)