Descrizione

Non disponendo di uva a causa dell’altitudine proibitiva per la vite, era consuetudine dei contadini dell`Alta Valle di Non di farsi il « vin da pomi », conosciuto anche come sidro. Allo scopo erano utilizzati i frutti di scarto, ma non quelli guasti.
Diffuso in tutta l’Europa centro-settentrionale e l’Inghilterra, rappresentava un’importante bevanda. La produzione è ormai limitata ad alcune zone della Germania e della Francia, in particolare la Normandia.
I motivi sono presto detti : il sidro, a differenza del vino, è solo bianco, ma soprattutto era, almeno fino a poco tempo fa, difficilmente conservabile e praticamente impossibile ed inutile invecchiarlo.
Solo alcune varietà di mele sono idonee alla trasformazione in sidro. Queste devono avere un rapporto fra acido malico e amidi molto particolare, che solo pochissime varietà possiedono.
Attualmente, grazie a particolari tecniche di produzione, attente alle fasi che vanno dalla fermentazione all’imbottigliamento in atmosfera controllata, il sidro sta trovando nuovi spazi, poiché si presta benissimo alla spumantizzazione e alla realizzazione di « vini » da desserts. Inoltre, avendo una gradazione alcoolica fra i cinque e gli otto gradi, pare incontrare il gradimento di quanti non sopportano l`alcolicità dei vini.
Le fasi di produzione del sidro sono le medesime di quelle del vino : pigiatura, torchiatura, fermentazione, decantazione e imbottigliamento.
Per effettuare la pigiatura, durante l’antica produzione del « vin da pomi », era stata inventata una macchina, la « grattadora », che consentiva di ridurre a fine purea le mele e quindi di estrarne nella successiva torchiatura una maggiore quantitià di succo. La macchina era completamente realizzata in legno, con il telaio in larice ed abete e i pistoni in noce. Era azionata inizialmente a mano e solo negli anni cinquanta fu motorizzata. La differenza con le altre macchine utilizzate al medesimo scopo era che le mele, invece che passare attraverso la tramoggia che le macinava, sfruttando la semplice gravità venivano invece spinte orizzontalmente da due pistoni verso un rullo dotato di lame seghettate, che le riduceva ad una purea molto più fine. Questa geniale macchina è stata recuperata, restaurata e riutilizzata.
Due motivi fondamentali fanno la differenza tra il succo di mela venduto in supermercato e quello fresco : il primo è che il succo acquistato è necessariamente pastorizzato, processo che a causa del calore impiegato provoca la modifica del sapore del succo ; il secondo è la miscela di antichi frutti non è comparabile con le mele di produzione industriale. Anche il semplice processo di estrazione costituisce una differenza.
Per ottenere un grande succo di mela è fondamentale la scelta delle varietà che vanno mescolate opportunamente al fine di ottenere un equilibrio fra profumo, dolcezza e acidità.
Ogni stagione ha le sue mele e quindi i suoi succhi.
Il succo o nettare deve presentarsi assolutamente privo di polpa, liquido poco meno dell’acqua e appena torbido. Naturalmente ciò si ottiene da mele perfettamente sane e mature, possibilmente , mai trattate.
Il succo dopo poche ore dalla sua spremitura inizia a fermentare. La conservazione a bassa temperatura o il congelamento ritardano questo processo. Il sapore del succo si evolve man mano che lo zucchero contenuto si trasforma in alccol durante la fermentazione. In questa fase che dura circa tre-quattro settimane, il liquido diventa sempre più frizzante e spumeggiante, meno dolce. Prima che diventi sidro, potremo disporre di una bevanda gradevolissima, soprattuttto fresca, leggermente inebriante e molto profumata. A differenza del mosto d’uva, che durante la fermentazione non è bevibile, quello di mela è assolutamente da assaggiare.

Letteratura

P. Odorizzi, S. Abram: Profumi e sapori perduti - Il fascino della frutta antica Vol. I (2001)